Avete mai sentito parlare di scarti di produzione? Sicuramente questo è un concetto ben radicato nelle menti degli imprenditori agricoli, non solo per il significato intrinseco del termine ma anche per il peso economico che questi devono sostenere per smaltire questi “rifiuti”.
Ma se cambiassimo “l’ordine degli addendi”, siamo proprio sicuri che il risultato non cambierebbe?
Riassumendo, un alimento che finisce tra i rifiuti ha un costo sia economico che di impatto ambientale; per essere prodotto ha richiesto una certa quota di acqua, energia ,tempo, suolo, risorse umane, nel contempo ha prodotto delle emissioni in atmosfera a carico dei cambiamenti climatici, ha richiesto una serie di inquinanti per essere trasformato, confezionato e trasportato e la cosa non finisce qui ,ha richiesto ancora denaro per essere acquistato , nuovamente energia per essere conservato e nonostante ciò una bella fetta di questo alimento è finito nei rifiuti dove andrà a consumare altra energia ed emetterà altri inquinanti per essere smaltito.
Quando buttiamo un alimento, stiamo buttando via 400Km quadrati di suolo, circa 30.000 euro, 73 milioni di metri cubi acqua (www.slowfood.it).
Tralasciando il giro di parole, per ridurre notevolmente tutte queste spese ed emissioni in atmosfera basterebbe non pensare più a questi prodotti come rifiuti ma “ridisegnarli”.
Molti imprenditori agricoli ignorano la grande possibilità di riutilizzare gli scarti della propria produzione e, pensando di dover investire più soldi nel loro riutilizzo, prefereriscono pagare per smaltirli nel più breve tempo possibile. Nello stesso momento tuttavia, inconsapevolmente stanno rinunciando ad una fetta di mercato.
Vi sono molti esempi di riutilizzo e qui ve ne riporto un paio:
Il riutilizzo dei residui di potatura: ebbene se tritati e rimescolati al terreno sono una grande fonte di sostanza organica per il suolo, permettendo di limitare così l’uso di fertilizzanti; allo stesso modo costituiscono un “bio concime” gli scarti della spremitura delle olive; vi è poi il drik del benessere,una piacevole bevanda realizzata dagli scarti di produzione della lavorazione delle mele.
E noi consumatori cosa possiamo fare per non sprecare cibo?
La risposta è davvero banale: la lista della spesa!
Che siate massaie o uomini in carriera, tutti prima o poi dobbiamo andare a fare la spesa e nulla torna più utile, per evitare gli sprechi, di una bella lista di quanto davvero ci occorre.
Piccoli pratici consigli per una spesa verde sono :
Organizzare le idee sulla base di quello che realmente si intende consumare nei giorni successivi, tenendo ben in considerazione il numero dei partecipanti ai pasti, il numero dei pasti da consumare a casa, avendo memoria delle ricette che intendiamo preparare e quindi riportando esattamente sulla lista le quantità di ingredienti effettivamente necessarie alla realizzazione dei nostri piatti.
Carta alla mano siamo pronti per andare supermercato?
No! Se non dopo aver fatto un opportuno spuntino.
Sembra, infatti, che il trucco per non “sforare” da quanto riportato nella nostra lista sia fare la spesa a “pancia piena”, solo in questo modo riusciremmo a rimanere lucidi senza lasciare che l’acquolina in bocca e la fame superino la ragione.
Finalmente al supermercato ecco lì pronte ad accoglierci tra gli scaffali le civette.
Niente allarmismi, si tratta solo di strategie di marketing che prevedono il posizionamento di alcuni prodotti in offerta in opportune allocazioni tali da suggerire l’acquisto congiunto di altri prodotti.
Ci verranno poi immediatamente incontro i tre per due e a quel punto, senza equazioni matematiche da risolvere, arriva la domanda opportuna: “conviene prenderne tre per pagarne due e forse consumarne mezzo?
“Spero di aver fornito uno spunto ad imprese e consumatori per sprecare meno energie e soldi e limitare lo spreco quotidiano. Se volete maggiori informazioni in merito, seguite la mia rubrica ” alimentazione e sostenibilità”.
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