Ieri ad Arezzo è terminata l’XI edizione del salone dedicato all’agriturismo AgrieTour. Vorrei cogliere l’occasione per una breve riflessione in merito al settore.
Tra strutture alberghiere e agriturismi da alcuni anni è ormai scontro aperto.
I gestori dei secondi sono infatti accusati di concorrenza sleale, avallata da una legislazione, a detta degli albergatori, troppo permissiva, come dichiarato, per fare un esempio recente, da Vincenzo Bianconi, presidente Federalberghi / Confcommercio della provincia di Perugia, in protesta contro la bozza di legge regionale sulle strutture extra alberghiere. Quest’ultima prevedrebbe, infatti, una modifica del criterio con cui determinare la prevalenza dell’attività agricola su quella agrituristica (non più quello della prevalenza del reddito, ma quello del numero di giornate dedicate all’attività agrituristica), e, soprattutto, meno vincoli riguardanti la necessità di servire a tavola solo prodotti dell’azienda stessa.
Disposizioni di tal genere stanno ovviamente portando ad uno stravolgimento di rilievo almeno in una parte del settore agrituristico, che sta rivolgendo una minore attenzione all’attività agricola e alla promozione dei prodotti locali, a favore dell’attività ricettiva e della messa a disposizione, nell’ambito di quest’ultima, di servizi di comfort. In tal modo si sta intaccando il cuore stesso dell’idea di agriturismo, che invece si avvicina sempre più alle caratteristiche di un albergo.
Potrebbe essere ricollegabile a questa situazione quanto rilevato da uno studio effettuato nel 2010 dal gruppo di lavoro Mipaaf, Inea, Ismea, Agriturist, Turismo Verde e Terranostra, attivato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Si può notare infatti che se i principali servizi offerti dagli agriturismi sono alloggio (89,1%), vendita diretta (79,2%), ristorazione (68,5%) e degustazione di prodotti (66,5%), tuttavia già due anni fa emergeva una maggiore volontà, da parte dei gestori, di dotare le proprie aziende di più comfort. Si legge per esempio che in numero sempre maggiore essi ritengono sia importante avere una piscina: il 45,3% di esse pensa di realizzarla ex-novo ed il 44,3% intende potenziare il servizio; oppure stanno pensando di costruire un piccolo centro benessere. Lo stesso fenomeno è stato messo in luce anche durante l’evento Salumi e Formaggi della Tradizione Italiana, svoltosi a Roma dal 15 al 17 Settembre scorso. Nell’ambito dell’incontro con Tour Gourmet, Tour Operator di viaggi enogastronomici, il presidente Sandro Chiriotti ha infatti sottolineato come ormai i gestori degli agriturismi tendano a presentarsi a tour operator e agenzie di viaggio anzitutto per i servizi di comfort, anziché per il carattere che la loro stessa natura implica, ossia il proprio lavoro agricolo e i relativi frutti.
Le aziende agrituristiche riescono in tal modo a sottrarre parte della clientela alle strutture alberghiere. Non mi riferisco solo a quella cerchia di mercato frequentatrice di hotel a quattro stelle. Infatti grazie alle agevolazioni fiscali di cui godono, gli agriturismi possono presentare servizi di lusso con un listino prezzi più basso rispetto ad un albergo; se si mette in conto, quindi, il momento di crisi economica che stiamo vivendo, è naturale che il binomio risparmio-comodità e fascino attragga quei turisti che vi vedono la possibilità di vivere ad un costo accessibile una vacanza luxury.
Ma quale futuro si prospetta per l’azienda agrituristica, se si continuerà a puntare sulla conquista di un più ampio mercato a discapito del legame con il territorio?
Quello dell’agriturismo sta divenendo un fenomeno di massa, se non una moda. Chi sceglie l’agriturismo come alloggio non è più solo colui che, secondo una determinata mentalità, punta a vivere la vita dell’azienda, ad assaggiarne i prodotti, a capirne le modalità di produzione, a respirare il contatto con la natura; la clientela dell’agriturismo non è più rappresentata solo da questa nicchia di mercato. Si può concordare con la volontà di soddisfare la domanda di maggiori servizi da parte di un certo numero di clienti, così come si può concordare con l’idea che ormai l’attività ricettiva, nel complesso delle attività dell’azienda agrituristica, non possa più essere percentualmente sottovalutata e che l’evoluzione e l’adattamento alle richieste del mercato sono i principi base del rapporto domanda-offerta. Ma questo non deve scalfire gli elementi caratterizzanti della struttura agrituristica.
Una soluzione alternativa, per raggiungere un più ampio target, potrebbe ad esempio essere quella di aggregare gli agriturismi in consorzi agricoli. In tal modo si potrebbero ammortizzare i costi di produzione dei prodotti locali suddividendoli tra le aziende, così si abbasserebbero comunque i prezzi, ma i frutti del lavoro agricolo manterrebbero inalterata la propria qualità. Quello del consorzio tra agriturismi è una realtà che, come fa notare Sandro Chiriotti, in Italia è poco considerata, perché le aziende tendono a rimanere chiuse in sé stesse e a non voler fare squadra. Sarebbe invece, a mio avviso, una buona soluzione per far risparmiare il cliente e mantenere primaria la promozione dei prodotti agricoli locali.
Ciò farebbe sì che sia il mercato a convertirsi, almeno in parte, al concetto di agriturismo e a tutto ciò che implica, e non il contrario, perché come recita la Legge Quadro del 20 febbraio 2006, obiettivi di questo tipo di aziende sono:
a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;
b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;
c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;
d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l’incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;
e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;
f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;
g) promuovere la cultura rurale e l’educazione alimentare;
h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale.
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