Quello che sto per raccontarvi non è frutto di immaginazione, ma di analisi e studio di un fenomeno dei consumi rispetto alla “ristrutturazione” demografica, che è nell’aria da tempo oramai;
Si tratta sia del cambiamento di consumi, sia del progredire di servizi (anche) web che stanno “aggredendo” su più fronti quello che per decenni è stato il “tempio” del consumismo quotidiano: Il supermercato.
Il supermercato, tutti i supermercati in generale, sono attaccati da servizi offerti da terzi, da botteghe alimentari sempre più qualificate a fornire prodotti già pronti, rispondendo ad un’esigenza pratica di “mangiare senza cucinare”;
Da servizi di Food Delivery sempre più presenti sul territorio, un servizio degno di nota è Prestofood.it che trovo interessante rispetto agli altri, perché capendo la tendenza dei consumi si è diversificato dagli altri (almeno per ora) offrendo l’ordine multiplo da più fornitori con un’unica spesa di consegna. (Approfondisci servizio di ordine multiplo da Prestofood)
Leggi approfondimento sul “mercato” dei servizi Food Delivery
Da prodotti alimentari in prossimità, già pronti, dal fast food, ai cibi salutari, agli spacci alimentari che distribuiscono cibo a basso costo per tutta quella fascia di popolazione a basso reddito, che non consuma al supermercato tradizionale, né usa servizi di prossimità per ordinare cibo a domicilio.
I numeri dello studio
Quasi un americano su due, infatti, detesta letteralmente cucinare e, all’eventualità di trascorrere tempo ai fornelli, preferisce ordinare pasti già pronti, oppure mangiare in ristoranti, bar e fast-food […]
[…] Secondo Eddie Yoon, noto analista e autore della pubblicazione, solo il 10% degli americani ama cucinare, mentre il restante 90% si divide in parti uguali tra chi è tiepido all’idea e chi, invece, odia completamente il fai da te. Appena 15 anni fa, tuttavia, la quota degli appassionati di cucina era superiore di almeno un terzo. Non a caso, sottolinea lo studio, dal 2009 le prime 25 aziende del food&beverage hanno perso ben 18 miliardi di dollari in market share.
Fonte: Foodweb
Questa tendenza sarà presto adottata anche da noi, sì da noi in Italia la terra del mangiare bene.
Succederà semplicemente perché non si ha più tempo per fare la spesa, non si ha più tempo di stare davanti ai fornelli, lavare i piatti, svuotare la lavastoviglie. Le persone, compreso me che sono un amante della cucina e mi piace cucinare, si trovano a dover combattere contro il tempo.
Per cucinare bene, se lo fai davvero con passione, ti serve tempo, ci vuole compagnia.
La mamma/nonna/zia che sta a casa a cucinare è in via di estinzione, e nonostante tutti noi ne sentiamo la mancanza, è anche vero che essendo aumentato il costo della vita, se si è sposati entrambi devono lavorare, se no non si mangia!
Anche chi potesse permettersi una governate che cucina, la realtà dimostra che la maggioranza delle persone assunte per questo ruolo non sono assidui frequentatori di supermercati, semmai di mercati rionali, botteghe del centro storico, proprio perché la maggioranza di loro presta servizio in aree poco servite da supermercati e comunque, non avendo spesso limiti di budget per la spesa, perché dovrebbero andare a fare file alla cassa di un supermercato se possono comprare più facilmente vicino “lavoro”?
I pochissimi altri che invece lavorano in ville dislocate fuori città, spesso, curano anche l’orto di proprietà della famiglia, proprio perché la fasce di popolazione con stile di vita elevato sono anche quelli che vogliono mangiare “bio”, mangiare qualcosa per cui poter dire di aver prodotto loro stessi.
Ho trovato un interessante studio sul tema: Spesa Media dei consumi alimentari in Italia, per diversi profili di persone. Pagina di approfondimento
Altro elemento: La tendenza socio-demografica, in Italia, è di scegliere la vita da single. (Fonte Istat – articolo su La Stampa)
Se invece avete voglia di leggere 160 pagine di documento Istat sulla spesa dei consumi in Italia, ecco il link: Spesa dei consumi
Ne parlavo qualche tempo fa, rispetto ad un esperimento nato a Messina (leggete bene Messina, non New York), sul volantino del supermercato agganciato all’ e-commerce
Oggi, trovo un’altra notizia, sempre di un’innovazione del settore, a Messina, e si tratta di un punto vendita Sidis 3.0 (Leggi notizia: Sidis 3.0 Messina). L’idea è quella di “servire” le persone e non più di accatastare merce negli scaffali. Rendere il supermercato un ambiente “di vita quotidiana” e non più un non-luogo metropolitano.
Questo approccio è stato da tempo portato avanti già da alcune catene di supermercati, GDO e progetti come Eataly.
Allora, per me che studio da anni la questione, ritorno sempre ad un modello possibile e funzionale per chi è fornitore di cibo di qualità, chi lo distribuisce e chi lo compra. Si tratta di un modello che lavora sulla logica della gamification come struttura. (Leggi: Il supermercato e l’e-commerce alimentare del futuro)
Tutti gli attori in causa possono prendere parte del “gioco” che consiste nell’alimentare un circuito di vendita che diventa local grazie ai punti vendita già dislocati sul territorio che prendono parte di questo sistema.
Come dicevamo, le botteghe alimentari (ormai delle vere e proprie cucine di gastronomia) possono diventare i player centrali del circuito, diventando di fatto, una cucina dove le persone vanno solo a ritirare da mangiare, in funzione di quelli che sono i suoi gusti, necessità, budget. Le persone, acquirenti, a loro volta, possono diventare sia reseller, acquistando per conto di altri (magari anziani o persone che non si fidano della tecnologia) o acquistare direttamente dal fornitore attraverso il codice della gastronomia per ricevere sconti. Questo modello può essere completamente tracciato e scoraggia tentativi di bypassare uno con l’altro, per il semplice principio per cui, tutti ne traggono vantaggio, sia sfruttando la sensibilità a non avere più tempo per cucinare a casa, sia per alimentare una selezione di fornitori di prodotti genuini da mangiare già pronti (evitando surgelati di varia natura)
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